la famiglia Amati
La famiglia Amati è stata attiva a Cremona tra la metà del XVI secolo e la metà del XVIII secolo.
Andrea Amati
Il capostipite di questa famiglia è Andrea Amati, che iniziò la sua attività intorno al 1520. Non si conosce molto del suo passato, ma secondo molti studiosi sarebbe stato il primo a costruire il violino. Di tutta la grandissima produzione sono rimasti in tutto il mondo solo 16 strumenti costruiti tra il 1564 e il 1574. Hanno tutti un immenso valore e appartengono al museo di Oxford in Inghilterra, al South Dakota Museum negli USA, al Comune di Cremona e a due collezioni private. Ovviamente, le vernici sono state rimaneggiate nel corso dei secoli.
Gli strumenti si dividono in tre gruppi: il primo gruppo fa parte della collezione del re Carlo IX di Francia, il secondo della collezione di un ricco marchese di cui è ignoto il casato, il terzo gruppo non ha decorazioni e non si sa per chi siano stati costruiti.
I violini così detti "dal suono argentino" misurano 34-35,2 e quelli chiamati "dal suono umano" sono i 4/4. Esistono solo tre violoncelli e fanno tutti parte della collezione di Re Carlo IX.
Gli strumenti della collezione di Carlo IX sono stati decorati in un secondo momento e ancora oggi si sta cercando di scoprire da chi. Raffigurano gli stemmi e i motti del Re, come ad esempio "Pietate et ivstitia" e le decorazioni sono in un stato di conservazione differente.
Gli strumenti che appartenevano al marchese del casato sconosciuto possiedono un timbro, una scritta in latino e uno stemma.
Nel terzo gruppo troviamo due strumenti senza decorazioni né stemmi. Le vernici sono originalissime color marrone dorato, mai arancio rosso. Le viole sono di due formati: viola tenore e viola contralto.
Una particolarità che si riscontra in tutti gli strumenti della famiglia Amati, e a volte anche in quelli di Stradivari, è la presenza di un piccolo foro all'interno delle bombature, che successivamente veniva richiuso: questo serviva per conoscere il punto di massimo spessore.
Andrea ebbe due figli maschi, Antonio e Girolamo, che gli succedettero nella bottega.
I fratelli Antonio e Girolamo Amati
Antonio e Girolamo Amati, figli di Andrea, succedettero al padre nella sua bottega.
Antonio, il figlio maggiore, nacque intorno al 1540, Girolamo circa dieci anni dopo. Andrea forse si era risposato ed è quindi possibile che i fratelli fossero in realtà fratellastri. Si conosce ben poco anche della vita di Antonio: sembra che fosse celibe e che quindi non abbia avuto figli.
Girolamo invece si sposò nel 1574 con Lucrezia Cornetti, pur rimanendo nella casa di famiglia. Dovrebbe aver avuto almeno una figlia di nome Elisabetta e rimase vedovo molto presto.
Nel 1581 i fratelli Antonio e Girolamo, davanti a un notaio, dichiararono di aver ricevuto la dote della moglie di Girolamo. Questi, nel maggio del 1584 si risposò con Laura Medici Lazzaroni, nipote di un nobile dell'importante famiglia Guazzoni. Anche in questo caso, la dote fu divisa tra i due fratelli, pare per un accordo di famiglia. È difficile capire cosa sia successo tra i due subito dopo il matrimonio, ma è certo che nacquero dei gravi attriti e che nel dicembre del 1588 Girolamo chiese ad Antonio la restituzione di parte delle doti delle sue due mogli. Antonio, non avendo a disposizione denaro contante a sufficienza, dovette cedere la sua parte della casa in San Faustino, probabilmente ereditata dal padre. A questo punto i due fratelli si separarono e gli attrezzi e tutto il materiale furono divisi in parti uguali.
Pare che nel 1588 abbiano utilizzato etichette diverse dalle precedenti, che portavano entrambe i nomi. In effetti, si trovano alcuni strumenti con l'etichetta di Girolamo, mentre molto rare sono quelle di Antonio ed è quindi possibile che per motivi commerciali abbiano continuato a usare per un breve periodo ancora l'etichetta con i loro due nomi.
Antonio morì nel 1607 e fu sepolto accanto al padre nella chiesa di San Domenico.
Dopo la morte di Antonio, Girolamo riprese ad utilizzare l'etichetta recante i due nomi poiché probabilmente era arrivato alla conclusione che dal punto di vista commerciale gli fosse più conveniente. La famiglia di Girolamo col tempo era cresciuta sensibilmente con la nascita di sei figlie e quattro figli. Il primogenito, nato nel 1587, morì annegato nel Po nel 1614 nei pressi di Vigevano; il terzogenito Nicolò, nato il 3 dicembre del 1596 diventerà uno dei più celebri liutai della storia.
A giudicare dalla quantità di strumenti costruiti nei primi decenni del 1600, sembra che la bottega di Girolamo andasse a gonfie vele. Senza alcun dubbio egli si avvaleva dell'opera di diverse persone che probabilmente facevano tutte parte della famiglia, compresi i cognati.
A partire dal 1614, è evidente negli strumenti prodotti in bottega la presenza dell'arte di Nicolò. Si può notare, infatti, un'innovazione stilistica e personale. Anche suo fratello Francesco lavorava saltuariamente nella bottega. Non si sa nulla invece del terzo fratello di nome Stefano.
Alla fine del 1500, gli strumenti della famiglia del violino erano ancora in fase di sperimentazione, non erano ancora ben definiti e standardizzati, quindi i liutai tentavano varie vie alla ricerca di sonorità diverse.
I fratelli Amati esplorarono con grande fantasia e libertà questo terreno aperto e per questo motivo uscirono dalla loro bottega strumenti di varie forme: era presente anche una produzione di strumenti a pizzico. Mantennero comunque sempre fisse alcune caratteristiche come l'ottima scelta dei legni, l'alta qualità costruttiva, le bombature di tavole e fondi molto scavate nella zona di contorno appena dopo il filetto, il che suggerisce l'applicazione di un modello acustico costante, molto diverso dagli strumenti dello stesso periodo dei liutai della vicina Brescia.
Negli anni 20 del XVII secolo l'attività di Girolamo e Nicolò fu particolarmente positiva, ma nel 1630 tutto questo fervore venne interrotto da un fatto terribile: Cremona, come tutto l'intero occidente, venne colpita dalla peste e nella famiglia Amati morirono Girolamo, la moglie ed altri due membri della famiglia.
Nicolò Amati
Nicolò dovette prendersi carico della famiglia e di tutte le responsabilità della bottega. Nello stesso periodo la tradizione bresciana cessò di esistere, dando così campo libero alla famiglia Amati e l'attività riprese il ritmo. Stupisce però la rarità di strumenti giunti fino a noi.
Nella bottega lavorava anche il cognato Domenico Meneghini (marito di Vittoria): i rapporti tra i due sembrano essere stati molto buoni, tanto che nel 1632 diventarono soci, ma solo un anno dopo l'accordo venne meno e Nicolò risarcì Meneghini con 600 lire, liquidandolo.
Rimasto unico proprietario dell'attività, nel 1642 prese a carico tre giovani, probabilmente figli di una cugina. Resosi conto che tre lavoranti non bastavano, intorno al 1641 fece entrare nella sua casa apprendisti esterni che negli anni successivi cambiarono frequentemente. Tra questi compaiono anche nomi stranieri. Nella lista dei "lavoranti" troviamo Bartolomeo Pasta nel 1660, Giovanni Battista Rogeri nel 1661-62, Giacomo Reilich nel 1683-85, Giacomo Gennaro e persino Andrea Guarneri.
Andrea Guarneri visse con Nicolò Amati dal 1640 al 1647 e poi ancora dal 1650 per qualche anno e anche dopo il matrimonio continuò a vivere nella casa del maestro con la moglie, per poi trasferirsi nella casa a fianco, mantenendo rapporti di lavoro ancora per molto tempo.
Il 23 maggio del 1645, all'età di 48 anni, Nicolò si sposò con Lucrezia Pagliari, di dodici anni più giovane, e dal matrimonio nacquero quattro figli maschi e quattro femmine. Il secondogenito, nato il 26 febbraio del 1649, è Girolamo, chiamato Girolamo II per non confonderlo con il nonno, e sarà l'ultimo liutaio della famiglia Amati.
Questo fu un periodo di grande successo per Nicolò Amati, tanto che decise di acquistare una casa e un pezzo di terra nel contado fuori Cremona per 576 ducatoni, che si impegnò a pagare a rate. Poco tempo dopo, nel corso di una campagna militare condotta dal duca di Modena, la casa venne distrutta e gli ci vollero 40 anni per saldare il debito.
Negli anni sessanta del 1600, la bottega vide l'inserimento di Girolamo, che progressivamente prese in mano le redini dell'attività. In questo periodo pare lavorasse con loro un certo Giovanni Segher (Jaeger) che morì nel 1682.
Nicolò dominò la scena della liuteria cremonese per più di 50 anni e fissò definitivamente un modello di violino. Modificò e ampliò i modelli del padre in modo da dare agli strumenti più emissione e maggiore potenza e perfezionò sempre più le sue opere, tanto che per secoli verrà imitato e influenzerà tutti i liutai del '700.
Probabilmente anche Francesco Ruggeri e Antonio Stradivari iniziarono la loro attività nella bottega Amati, anche se non vi sono documenti che lo dimostrino indiscutibilmente, ma essendo di Cremona non dovevano necessariamente abitare con il maestro. L'unica prova che Stradivari abbia lavorato con Nicolò è in un violino del 1666, nella cui etichetta si definisce discepolo di Amati.
Nicolò Amati morì il 12 aprile 1684 e venne sepolto nella chiesa di Sant'Imerio.
Ad oggi sono rimasti molti suoi violini e viole, mentre sono rari i violoncelli. I violini misurano di cassa tra i 34 e i 35,4 cm i grandi, le linee sono molto curve, le punte lunghe ma più corte di quelle del padre, molto precisa la filettatura, la vernice è di colore marrone-arancio un po' rossiccia, la sguscia diventa più profonda e le teste hanno tutte lo smusso piccolo e l'occhio parte dall'alto, il sottogola è posto al centro, né alto né basso.
Rispetto al padre, il suo è un lavoro molto superiore e presenta uno stile inconfondibile.
La bottega, dopo la morte di Nicolò, passò a Girolamo II, ma iniziarono serie difficoltà.
Girolamo II
Girolamo si sposò intorno al 1677 con una ragazza molto giovano di nome Angela Carrettoni. Dal loro matrimonio nacquero un maschio e due femmine, ma nel 1685 Angela morì all'età di 22 anni o poco più. Nel 1687, morì anche il figlio di soli tre anni e subito dopo la figlia maggiore si fece monaca, decisione questa dal lui avversata. Girolamo decise di non sposarsi più.
Era ben istruito, professionalmente molto capace e dotato di notevoli capacità tecniche.
Il suo lavoro è visibile già nei lavori del padre a partire dagli anni '70 del 1600, anche perché in quel periodo Nicolò era già molto vecchio. Girolamo II abbandona il modello piccolo e utilizza sempre quello grande; la forma non è esattamente quella paterna. Stringe la parte superiore, le bombature diventano più basse e morbide, diminuisce anche la sgusciatura, le punte diventano più corte, le "effe" sono perfette come intaglio ma un po' fredde, poste più vicine tra loro e più dritte, gli occhi hanno una distanza di 37-37,5mm, le aste sono molto più strette, a tal punto che l'anima quasi non passa, la testa diventa più pesante e più larga e il dorso è molto più profondo, la vernice è marrone-arancio ed è meno trasparente. Tutto lo stile ricorda molto il lavoro di Rogeri, che in realtà fun un suo maestro nella bottega di Nicolò. La sua produzione è numerosa, ma dal punto di vista acustico nettamente inferiore rispetto a quella del padre.
Molti strumenti di Girolamo II sono attribuiti a Nicolò, anche perché dopo la morte, forse anche per fronteggiare la forte concorrenza dalle botteghe di Guarneri, Ruggeri e Stradivari, si trovano ben pochi strumenti con la sua etichetta.
Le disavventure economiche portarono Girolamo e il fratello Giovanni Battista a dover vendere a poco a poco i loro beni. La situazione peggiorò sempre più, fino a che nel 1700, un terzo figlio di Nicolò, un monaco di nome Don Nicolò Amati, fece causa ai due fratelli e il tribunale aprì un procedimento di fallimento nei loro confronti. Vi era anche un debito nei confronti di un figlio di Stradivari. Girolamo, non riuscendo a pagare i debiti, decise di andarsene da Cremona. Nel 1705 risultò risiedere a Piacenza, tornando solo saltuariamente a Cremona per cercare di sistemare qualche affare.
Solamente nel 1717, grazie anche all'aiuto finanziario della seconda figlia, ritornò nella sua casa natale, ma poiché non vi sono strumenti di quel periodo, si suppone che la sua attività fosse già cessata.
Girolamo mo nel 1740 all'età di 90 anni. Sembra che già da parecchi anni soffrisse di disturbi mentali. Non lasciò eredi in grado di portare avanti la tradizione e così con la sua morte si chiuse la storia della famiglia Amati, iniziata 200 anni prima.
Caratteristiche degli Amati
L'interno è sempre in salice o di abete, sia i tasselli sia le controfasce
le fasce inferiori sono sempre in un pezzo unico
I perni di fissaggio, ossia i chiodini, sono sempre sulla mezzeria
Le tacche delle "effe" sono grandi e arrotondate
All'interno della tavola sono tracciate le "effe": le linee dell'inchiostro delineano all'interno il percorso della costruzione
Presentano un piccolo foro all'interno delle bombature che successivamente veniva richiuso: indicava il punto di massimo spessore
Il bianco del filetto è sempre in pioppo dello spessore di 0,5mm, il legno nero tinto è di pero tinto e ha uno spessore medio di 0,5mm. Il totale misura 1.1mm.
Nei filetti non vi sono mai giunte
Sulla testa non c'è mai la linea della mezzeria e sono molto evidenti i punti di posizionamento del compasso
Nelle viole e nei violoncelli i due canali della sgusciatura dorsale della testa vanno a sfumare progressivamente fino a diventare un unico canale nel sottogola
Sotto la tastiera non c'è vernice perché gli strumenti venivano verniciati con la tastiera già incollata
La vernice presenta a volte delle screpolature causate probabilmente da un'eccessiva presenza di sandracca